Uberto Mori nasce nel 1926, a Modena. Suo padre è un ufficiale di artiglieria promosso generale che, nel 1943, benché malato di tumore e con i mesi contati, il Comando della Repubblica di Salò richiama ugualmente in servizio. Uberto si offre di sostituirlo, anche se non ancora in età di leva. Lo scambio viene accettato e si rivelerà provvidenziale per 107 ragazzi ebrei concentrati a Nonantola, che il tenentino Uberto riesce a far nascondere in seminario ed in case private poco prima dell'arrivo dei tedeschi, salvandoli così dalla deportazione. Con la morte del papà, avvenuta nell'agosto 1944, Uberto si ritiene sciolto da ogni obbligo militare, ma adesso sono i partigiani a considerarlo un nemico e solo per un puro miracolo si salva, in un agguato, da un'esecuzione sommaria.
Dopo la guerra riprende gli studi e inizia a fare lo “studente-lavoratore”: frequenta l'università di Bologna, mentre lavora in uno stabilimento di ceramica a Formigine prima per mantenere mamma e sorella poi, dal 1952, la famiglia che ha formato con Gilda Cavedoni. Nascono tre figli, ma l'ultima viene portata via ad appena 13 mesi dal “morbo blu”.
Uberto, intanto, si fa strada nel settore della ceramica: laureatosi nel 1959, diventa subito assistente e poi docente nella sua stessa università, dove vengono apprezzate la sua intelligenza viva e la sua competenza in materia di progettazione dei forni. Il suo spirito imprenditoriale lo aiuta a fondare una società che cerca di cogliere la sfida del momento e offrire all'industria ceramica un nuovo tipo di cottura, per aumentare la produttività ed abbattere i costi. Uberto vola negli Stati Uniti e acquista il brevetto della Nasa per cuocere gli isolanti delle navette spaziali, inventando così il sistema della “monocottura”, che riduce a meno di sessanta minuti il processo che prima durava ore, se non addirittura giorni. Si tratta di una innovazione coraggiosa, che trasforma il settore della ceramica in Italia e all'estero.
Il successo imprenditoriale e le soddisfazioni professionali si accompagnano ad un sempre più intenso cammino spirituale, che lo porta ad essere convinto che «l'unico nostro scopo deve essere la gloria del Signore in qualsiasi condizione ci troviamo. Se a Lui è piaciuto metterci in mezzo al mondo a lavorare attorno a dei forni, sia fatta la sua Volontà».
Iscritto al Terz'Ordine Francescano (che poi si chiamerà Ordine Francescano Secolare), cresce in lui una tenerissima devozione mariana, si immerge nello studio amoroso della Parola di Dio, lasciandosi da essa modellare ed ispirare nelle sue scelte quotidiane.
Nel 1968 padre Raffaele Spallanzani viene trasferito a Puianello di Levizzano Rangone e per i quattro anni in cui vi resterà, fino alla morte, egli è strettissimo amico e guida spirituale di Uberto. I coniugi Mori iniziano la collaborazione materiale e spirituale con il santuario “Beata Vergine della Salute”. Nascono così l'Ora di Guardia, il Villaggio Ghirlandina in Centrafrica, le Marce Penitenziali “Come a Fatima”, la pratica dei Primi sabati del mese. Da cristiano pratico, pienamente inserito nel sociale e grazie alle possibilità economiche che la professione gli garantisce, sostiene l'Avo per l'assistenza ospedaliera a Modena, l'Ama per l'assistenza ai disabili a Castelfranco, fa costruire un pensionato per i terziari francescani, avvia numerose opere missionarie, destinando ad esse la quota di eredità che sarebbe spettata alla sua bimba morta. Alla fine arriva anche “Antenna 1”, un'emittente televisiva che gli consente di evangelizzare via etere. Proprio durante la conduzione di uno dei programmi televisivi, nel 1987 Uberto viene colpito da infarto. Ne esce così menomato da dover vivere in un regime di semi clausura, durante il quale conserva tuttavia un'invidiabile serenità, sostenuta dal Rosario e illuminata dal Vangelo: «Io posso vedere il sole anche quando sta piovendo», aveva scritto in tempi non sospetti... e la malattia glielo sta facendo sperimentare.
Muore il 6 settembre 1989 lasciando scritto ai suoi: «Continuate così, cercando una cosa sola: di capire l'amore di Dio e di aumentarlo sempre in voi. È l'unica cosa che conti». Come aveva cercato di fare lui.
Per le sue “eroiche virtù cristiane” è stato dichiarato Venerabile dalla Chiesa il 12 giugno 2014.